mercoledì, luglio 25, 2007

LE REGOLE DELLE MODE GIOCANO
CON LA PSICHE SEMPRE PIù FRAGILE

L’autentica eleganza è l’arte del passare inosservati

Oggi ho letto su "La Stampa" un articolo, a mio avviso, molto interessante sul nostro look e l'abbigliamento. Già perchè anche il vestire è una forma di comunicazione: a seconda di quello che indossiamo facciamo trasparire qualcosa del nostro carattere e della nostra personalità. E in una società dove si è sempre più schiavi della moda come reagiamo? Siamo schiavi dell'ultima tendenza o scegliamo invece di seguire una nostra strada, di optare per un abbigliamento "free"!!!!
Vi pubblico sul mio blog l'articolo in questione, scritto dal giornalista Giacomo Dacquino.
PS: "Ho messo in grassetto le frasi a mio avviso più interessanti".


"Il «vestire» non è solo oggetto d’interesse da parte dei creatori di moda, ma anche delle scienze psicologiche. Infatti nel corso della storia dell’umanità l’abbigliamento è passato da una necessità elementare a una rappresentazione simbolica, per cui l’uomo, vestendosi, manifesta se stesso, le proprie ideologie, l’appartenenza a un gruppo o a un ruolo sociale.
L’abbigliamento è comunicazione, l’abito un messaggio che trasmette ciò che siamo. Il modo di vestire corrisponde al modo di essere ed esprime l’affetto che proviamo per noi stessi, perché abbigliarsi con cura vuol dire volersi bene. Infatti i pazienti in psicoterapia, quando riescono a odiarsi meno, iniziano a trattarsi meglio nel mangiare, nel dormire, nel curarsi i capelli ma anche nel vestire. Cominciano a vestirsi anziché coprirsi e, non dovendo più nascondersi, scelgono abiti meno informi, più colorati. Imparano cioè a migliorarsi, a darsi un tono, a fare i «pierre» di se stessi. Soprattutto non si lasciano più condizionare eccessivamente dalla moda perché, maturando psicologicamente, non ne sono più dipendenti.
Le persone schiave della tendenza del momento hanno una personalità influenzabile e indossano abiti che non hanno un rapporto con quello che sono. Chi invece è psicologicamente maturo non sta nel gregge, sceglie, integrando la sua creatività con quella degli stilisti. A volte compera qualche capo firmato, ma lo combina in un personale cocktail che è l’effetto della sua personalità. «Seguire la moda» non equivale infatti a vestirsi firmato da capo a piedi. Solo chi ha il complesso di essere nessuno (e ha molti soldi) indossa unicamente grandi firme, dimostrando così di non avere un gusto individuale. La persona insicura non è in grado di fare scelte estetiche personali. Indossa i jeans anche se stanno male, perché fanno «dinamico» o si agghinda con accessori tanto azzardati quanto inutili perché li ha visti addosso a star dello spettacolo.
Un’autentica individualità non accetta di essere involucro della moda e alla moda, ma vuole e sa scegliere quanto è congeniale al proprio corpo e alla propria psiche. Perché un abito dev’essere in sintonia con la personalità di chi lo indossa. Per questo bisognerebbe vestire più per se stessi che per gli altri. Tuttavia ogni individualizzazione, anche nel vestire, comporta un certo sforzo, perché lo stile è un pregio personale che si può imparare e sviluppare. E ne vale la pena, perché il vestire rappresenta il modo di essere e di pensare e un aiuto per vivere meglio.
Purtroppo oggi il buon gusto scarseggia. Lo dimostrano le ventenni con le gambe tozze che indossano la minigonna, le trentenni con il fondoschiena adiposo che portano i fusò, le quarantenni travestite da belva con abiti maculati, le cinquantenni dalle scarpe lunghe e con la punta aguzza anche se sono piccolette. Si dovrebbe sapere che gli anelli e gli orecchini rivelano se si ha classe o no: certi anelli ai pollici ricordano più il collare di un animale che un ornamento. Come sono decisamente di cattivo gusto certi irrispettosi crocifissi su seni spinti verso l’alto e abbondantemente scoperti, top sempre più su, pantaloni sempre più giù, ombelichi al vento e slip a vista. Una persona si qualifica, oltre che dalle scelte nel vestire, anche dal modo di indossare, perché l’abito da solo non fa «eleganti», ma bisogna saperlo portare. Il modo di indossare è infatti un indicatore psicologico che permette di distinguere il signore dal «rampante», spesso anche «ruspante».
Basti pensare a chi è sempre alla ricerca di quello che fa «in», di quello che fa «top» o «status», a discapito della sobria eleganza. L’eleganza non ha a che fare con i centimetri esposti, con quanta carne si lascia scoperta. E’ sobrietà, equilibrio di forme, dimensioni, colori e accostamenti. Lord Brummel definiva l’autentica eleganza come «l’arte del passare inosservati».

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