domenica, giugno 24, 2007

UN PO' DI MUSICA CON VASCO ROSSI
E TIZIANO FERRO





sabato, giugno 23, 2007

CASTIGLIONCELLO: LA SPIAGGIA DEL '900

Appassionata della Toscana, non poteva di certo mancare nel mio blog questo bellissimo articolo, scritto da Gloria De Antoni, pubblicato su repubblica viaggi la scorsa settimana.
Un po' di storia di Castiglioncello (LI), alla scoperta della bella costa toscana e del CINEMA.... scoprite perchè.



Attori, registi, intellettuali. La grande stagione novecentesca di Castiglioncello in un racconto sul filo della nostalgia. Un'epoca indimenticabile che sta trovando nuova vitalità in un originale rinascimento turistico. I Viaggi.
Peccato non poter più ascoltare dalla voce tonante di Luigi Filippo d'Amico di quando la giovane Alida Valli venuta dal mare scese dalla barca e a lui ragazzino sembrò di intuire che sotto quel prendisole non portava niente. Instancabile narratore della trascorsa Castiglioncello, Luigi Filippo ci ha da poco lasciato; peccato davvero non poter percorrere con lui per la prima volta le stanze di Villa Celestina che, via la ruggine e le impalcature che affliggevano, unico sgorbio in un quadretto macchiaiolo, la veduta dell'insenatura, dopo ventisette anni di abbandono è ora restituita alla sua imperiale bellezza in cemento armato.
Correva il 1930 quando il generale Attilio Teruzzi, figlio della signora Celestina e in seguito ministro dell'Africa italiana, intitolò alla cara congiunta la sua residenza estiva, un anonimo villino grandiosamente ristrutturato dall'architetto Cafiero, che sorge nel punto più desiderabile della Perla del Tirreno: protetta dalla pineta, Villa Celestina ha la vista sul mare del porticciolo, dell'Isola d'Elba e delle ciminiere fumanti della Solvay di Rosignano, dettaglio incongruo agli occhi dei profani ma assai care ai vecchi villeggianti, che salutano il ritorno di un'altra vacanza a Castiglioncello.
C'è anche chi non resiste più di un mese lontano da qui; come l'avvocato Paolo Roscioni (foro di Roma), assiduo dall'11 luglio del 1945, che non ha perso l'abitudine di allungare i suoi itinerari di lavoro da un tribunale all'altro della penisola per regalarsi, con tortuose deviazioni ferroviarie, una sosta fuori stagione nella sua casa al mare: la passione per questa spiaggia, al contrario delle altre che da decenni a turno vanno di moda, ha sempre avuto qualcosa di discreto, se non di furtivo. Eppure, chissà quante volte le ombre pomeridiane di Villa Celestina hanno protetto dall'afa Edda Ciano che risaliva nella sua camera dopo una nuotata: era spesso ospite, Edda, insieme al marito Galeazzo e al suocero Costanzo, in quei primi dorati (per loro) anni Trenta, dell'amico Teruzzi, buon organizzatore di feste danzanti e di serate a poker.
E in un'estate di quelle, chissà chi è stato il fotografo che ha sorpreso sulla spiaggia un rilassato Luigi Pirandello con Marta Abba in due pezzi; e di cosa discutevano Emilio Cecchi e Massimo Bontempelli passeggiando tra gli alberi della corroborante pineta; e il filiforme Sergio Tofano, già Signor Bonaventura, si sarà messo in costume da bagno? C'è una foto del 1913 che ritrae il critico Silvio d'Amico con il figlio Lele (Fedele, il futuro musicologo) davanti all'Albergo Miramare, in un paesaggio preistorico di barche e palafitte.Castiglioncello e gli intellettuali: tutto è cominciato intorno al 1910 con una signorina Elsa giunta da Roma insieme al padre il quale, devoto alle villeggiature negli alberghi sul mare, una rarità in Italia che lo costringeva a interminabili scarrozzate fino in Liguria, viene a sapere di un hotel appena costruito, prima di Livorno: mezza giornata di treno e il resto in calesse. Sposato in seguito Silvio d'Amico, Elsa lo trascina a Castiglioncello, per stabilirsi in una pensioncina, tuttora esistente, più adatta del dispersivo Miramare a una giovane coppia con tre figli piccoli; più tardi, la pensione ospiterà per alcuni lustri anche la famiglia di Lele d'Amico e Suso Cecchi, la futura sceneggiatrice di Ladri di biciclette e Il Gattopardo. Altri due d'Amico, Sandro (futuro studioso di teatro) e il cugino Luigi Filippo (regista e scrittore) incontrano per la prima volta le due bellezze Lietta e Maria Luisa Aguirre, nipoti di Pirandello, che diventeranno loro mogli, nel villino che il sommo siciliano prendeva in affitto in estate per sé e i famigliari.
Intanto, negli spettacolini della locale Arena del Fascio si esibivano come musicisti e attori i ragazzi Nino Rota e Luca Pavolini, figlio di Alessandro, ministro del Minculpop, e futuro direttore dell'Unità.Dopo il 1943 il camerata Teruzzi chiude i saloni di Villa Celestina e quando Isotta Michetti, tra l'altro di idee socialiste, rileva nel ‘60 il cinema all'aperto adiacente la villa, il Cinema Villa Celestina, lo ribattezza precipitosamente Arena La Pineta. La signora Isotta, classe 1914, veterana degli esercenti cinematografici, aveva da poco aperto nella contigua frazione di Caletta, la prima sala al chiuso del luogo, il glorioso Cinema Castiglioncello, che quest'anno festeggia il mezzo secolo.........


Il resto dell'articolo lo potete leggere su:

sabato, giugno 16, 2007

VOGLIA DI VACANZE

Tanta voglia di andare in vacanza e rilassarmi: in attesa che arrivi agosto e le sognate holidays in Gb un mini-video su Londra realizzato dalla sottoscritta

giovedì, giugno 14, 2007

UNA SANA E SERIA RIFLESSIONE:
Intercettazioni, Unipol e Wall Street Journal
Il triste primato di questa politica
di Angelo Panebianco
Mentre il mondo politico si accapiglia sui contenuti delle intercettazioni per la vicenda Unipol- Bnl di due anni fa e i diessini reagiscono alla «ferita di immagine» spingendo per una nuova legge sulle intercettazioni che metta fine ai consueti giochi al massacro (magari ora la legge, da sempre giustamente invocata e mai varata, verrà fuori davvero, dal momento che si è constatato che a rimetterci le penne non è più solo la destra), conviene non perdere di vista il quadro d’insieme. Il quadro d’insieme è quello di un Paese nel quale la politica, pur debole come è, pur malamente conciata come è (o forse proprio perché così debole e malamente conciata), ha mantenuto — in un mondo completamente cambiato — abitudini da Prima Repubblica, non è riuscita, nei quindici anni che ci separano dalla fine dell’era democristiana, a fare i necessari passi indietro rispetto al mercato e al sistema delle imprese.
Può essere utile, per non perdere di vista il quadro d’insieme, guardare a questa e ad altre vicende con gli occhi «degli altri». Gli osservatori internazionali, normalmente, ne sanno molto meno dei sofisticati analisti italiani ma proprio per questo, non attardandosi sui dettagli, spesso riescono a cogliere l’essenza del problema. Il Wall Street Journal di ieri riportava un articolo sulla vicenda Unipol-Bnl e sul ruolo dei dirigenti diessini quale appare dalle intercettazioni, e la metteva in relazione con altre vicende che hanno caratterizzato l’intera esperienza di governo del centrosinistra: dal (maldestro) tentativo di rimettere Telecom sotto controllo statale al pesante intervento governativo nella vicenda Abertis/ Autostrade.
Episodi molto diversi fra loro ma, lascia intendere il Wall Street Journal, con un denominatore comune: l’incapacità della politica di rinunciare a ciò che resta del suo antico controllo sul capitalismo italiano. Non si tratta, in realtà, di dirigismo. Il dirigismo, ancorché sempre deprecabile dal punto di vista liberale, può essere tuttavia una cosa seria e anche, qualche volta, assai efficace. Ma la politica italiana è troppo debole per avere vere qualità e capacità dirigistiche. Si tratta di altro, si tratta della versione casereccia del cosiddetto «primato d ella politica» . Un’espressione della quale conviene diffidare sempre, e soprattutto quando a parlarne sono i politici: essi intendono per lo più dire che spetta loro comandare in tutti i campi, anche quelli extrapolitici. Una espressione della quale, massimamente, si deve diffidare in Italia.
Essendo qui assai deficitaria la capacità della politica di perseguire finalità generali, «primato della politica» finisce per essere solo un sinonimo di controllo politico esercitato su ingenti quantità di posti e risorse. Ovunque si commettono errori ma il problema italiano è la ridotta capacità di imparare dai propri errori e di introdurre, per conseguenza, serie correzioni di rotta. Quello che gli osservatori internazionali registrano è in realtà un circolo vizioso: la politica italiana è debole perché screditata agli occhi di molti. Ed è screditata perché giudicata abile a impicciarsi in ogni genere di affari ma incapace di perseguire con rigore e serietà mete generali. La debolezza, a sua volta, rafforza la tentazione della politica di occupare tutti gli spazi disponibili. Il discredito, di conseguenza, continua a crescere. E non si vedono in giro dei Blair o dei Sarkozy in grado di spezzare il circolo vizioso.
Tratto dal Corriere della Sera

domenica, giugno 10, 2007


I FONDI DELL'EDITORIA II- REPORT: IL FINANZIAMENTO QUOTIDIANO

Per avere un quadro preciso sul finanziamento pubblico all'editoria vi consiglio di vedere lo speciale di report, condotto dalla Gabanelli, dal titolo "IL FINANZIAMENTO QUOTIDIANO".

Come dice la Gabanelli "Tutto comincia con la legge del 1981 che da un aiuto ai giornali di partito perché non in grado di sostenersi da soli. Se tutto fosse finito lì oggi lo Stato sborserebbe 28 milioni di euro all’anno. Invece nell’87 la legge cambia e basta che due deputati dicano il tal giornale è organo di un movimento politico, che può attingere al grande portafoglio, poi nel 2001 la legge cambia di nuovo:bisogna diventare cooperativa. E così siamo arrivati a spendere 667 milioni euro all’anno. Siccome i conti non tornano mai è bene sapere a chi vanno tutti questi soldi e perché. Ce lo spiega bene il nostro Bernardo Iovene".
I FONDI ALL'EDITORIA:

L'intervista del Corriere a Paolo Bonaiuti che dichiara "il governo non faccia chiacchiere Chiuda subito il Dipartimento di Palazzo Chigi".

Source : CORRIERE DELLA SERA

Se dobbiamo prendere atto che la stagione dei contributi pubblici all'editoria è finita, come sta affermando il governo in questi giorni, sono inutili le mezze misure». Paolo Bonaiuti, braccio destro di Silvio Berlusconi, deputato di Forza Italia, ed ex sottosegretario alla Presidenza con la delega proprio all'editoria, propone una cura shock.

Chiudere subito il Dipartimento per l'Editoria e l'Informazione di Palazzo Chigi e trasferire la gestione dell'esistente alla Ragioneria Generale dello Stato». È una provocazione?
Per niente. Deve essere il Parlamento, perché solo il Parlamento è competente, a decidere che fine faranno i contributi all'editoria».

E il piano di razionalizzazione del governo?
Chiacchiere. Come al solito il governo Prodi sta menando il can per l'aia. Il nostro esecutivo è stato il primo, il primo in assoluto, a mettere sul sito ufficiale del governo, già nel 2005, tutti, ma proprio tutti i contributi pubblici erogati all'editoria. Diecimila voci, un'operazione da certosini, ma di assoluta trasparenza, fatta proprio per mettere in rilievo il problema. E mi pare che i dati pubblicati sul sito siano ancora quelli del 2004, gli ultimi che abbiamo messo noi. Propaganda, fanno solo propaganda".

L'esecutivo ha annunciato una proposta per la fine di giugno...
Devono ricordarsi che i contributi diretti li ha voluti il Parlamento. Lo sanno come? Votandoli ogni anno per 26 anni di fila, perché la prima legge è del 1981. Vuoi dire che si è proceduto sempre con votazioni trasversali. Perciò è inutile cincischiare e stare a farsi belli con soluzioni che alla fine non dipendono dall'esecutivo».

Quindi è inutile fare una proposta?
Se il Parlamento non vuole più i contributi lo dice il Parlamento, non il go- dichiarazioni roboanti, le apparizioni nei programmi tv di seconda serata, l'orgia di parole con cui il governo Prodi vuole stordirci. Se loro vogliono davvero eliminare i
contributi vengano in Parlamento, lo dicano, e trovino una maggioranza che gli vota questa cosa».

Anche lei ha avuto i suoi problemi con la riforma.
È vero. Sulla legge Bonaiuti di riforma delle agevolazioni erano d'accordo tutti, i partiti di destra, di centro e di sinistra, la grande e la piccola editoria, i giornali di partito e quelli editi dalle cooperative di giornalisti. Ma è rimasta ferma tré anni in Parlamento, e lì sta. Perché nella sua autonomia sovrana il Parlamento forse non se l'è sentita di affrontare la riforma, tutto qui».

E non cambierà atteggiamento...
Mah, guardi. Io e il mio predecessore a Palazzo Chigi, Vannino Chiti, per diverse legislature, ci siamo limitati ad applicare con estremo rigore le norme sul finanziamento
alla stampa che erano state decise dal Parlamento con maggioranze bulgare».

Ma lei è davvero convinto che nei 500 milioni di spesa annua per i contributi non ci sia proprio nulla da risparmiare?
Ma via! Di quella somma almeno i quattro quinti se ne va per le agevolazioni sulle spedizioni postali degli abbonamenti, quindi ai grandi gruppi, alla grande stampa».

E i quotidiani di partito? Niente più soldi pubblici?

Se il governo vuole e il Parlamento accetta, i fondi ai quotidiani di partito possono essere inseriti nei finanziamenti complessivi alla politica. Per esempio nei rimborsi elettorali. Ma lo ripeto, deve decidere il Parlamento, come è sempre stato in questa materia. E il governo la smetta di lanciare proclami. Parole, parole, solo parole. Sembra il coro dell'Aida. Par-tiam, partiam, partiam: tutti lì a pestare i piedi per terra e
nessuno che si muove».

Mario Sensini

Reference date : 08/06/07
Data :08/06/07 10.34

sabato, giugno 09, 2007

IL CASO DELLA SETTIMANA
(Vignetta tratta dal Corriere della Sera)



MITICO TIZIANO FERRO


venerdì, giugno 01, 2007

LO SAPEVATE CHE:
Al VITTORIANO, DUE ASCENSORI PANORAMICI
PER AMMIRARE ROMA

ROMA-Tornano accessibili, dopo quasi cento anni, le terrazze più alte del Vittoriano. Il monumento situato al centro di Piazza Venezia si avvia con i restauri ad una nuova vita: due modernissimi ascensori panoramici da domani consentiranno di accedere alla terrazza più alta, quella delle Quadrighe. "Un panorama mozzafiato aperto a tutti, altro che Torre Eiffel", scherza all'inaugurazione il vicepremier Francesco Rutelli. Che ricorda come sia stato Ciampi, nel 2002, a spingere per la realizzazione di nuovi ascensori.
Gli ascensori, tutti in vetro e acciaio, poggiano su fondamenta proprie e sono completamente esterni al corpo dell'edificio. Possono trasportare ognuno 12 persone alla volta, 720 persone all'ora, anche se l'accesso previsto alle terrazze sarà di 2000-2500 persone al giorno. Per salirci si pagherà un biglietto di 7 euro, ma si potrà sempre scegliere di farsi a piedi, gratis, i 196 scalini che separano la terrazza della Caffetteria da quella superiore.
Le due cabine sono molto vicine l'una all'altra, fa notare il direttore regionale per i beni culturali Marchetti, perché in caso di necessità, un guasto molto grave per esempio, i passeggeri possono passare da una cabina all'altra. Dopo un viaggio di 40 metri, una passerella in acciaio consente l'accesso alla terrazza scavalcando il parapetto dell'edificio senza toccarlo. Un segno moderno che dialoga con l'antico, fa notare il ministro. Che sottolinea come tutto sia "completamente reversibile, si può smontare in due settimane".