(Articolo tratto dal Corriere della Sera)
È alta un metro e 76 e non arriva ai 50 chili. Indice di massa corporea 16
"Mi volevano magra, mi stavo uccidendo"
La top Vodianova: «Ho avuto un bimbo, dopo il parto tante pressioni e ho perso i capelli»
NEW YORK — «Sapevo soltanto che dovevo dimagrire, senza discussione. Piano piano sono diventata piu' nervosa, ho cominciato a perdere i capelli, a sentirmi stanca. Credo di essere stata vicina al baratro. Mi ha salvato un amico medico aprendomi gli occhi e spiegandomi che mi stavo distruggendo. Ora è tutto ok». Certo sono parole pesanti quelle che Natalia Vodianova, 24 anni, diafana modella russa, contesa da passerella e pubblicità (ultime campagne Calvin Klein e Louis Vuitton) dispensa a stilisti, responsabili di agenzie, nutrizionisti, riuniti nell'ambito della settimana newyorkese della moda. È la prima volta che negli Stati Uniti, dove il vero allarme rosso è l'obesità, ci si pone il problema delle modelle scheletriche, della loro salute e quindi di chi le vuole imitare.
La testimonianza di Natalia ha l'effetto di un botto. «Questo è un ambiente — racconta — che sa fare pressione e condiziona i comportamenti. Ho cominciato a sfilare quattro anni fa e ci ho messo poco a capirlo. Sei portata a considerare il tuo corpo in un certo modo. È l'unica condizione per andare avanti». Poi Natalia racconta anche le difficoltà avute quando recentemente, e già affermata, è diventata mamma: l'aumento di peso, nel suo caso 4-5 chili, gli sforzi per eliminarlo («molti stilisti non apprezzavano»), l'altalena sulla bilancia, una grande stanchezza.
«Sono fortunata perché per me è un gran momento, ricevo un sacco di offerte e ho potuto fregarmene delle critiche. Ma vedo un sacco di ragazze all'inizio della carriera che vengono da famiglie povere e sono disposte a tutto pur di tenere vivo il sogno di fare la modella il più a lungo possibile: loro sì corrono gravi rischi».
Natalia sa di che cosa parla, al punto da ironizzare sulla sua costante difficoltà con il cibo: da ragazzina per il magro bilancio familiare, oggi per il magrissimo look impostogli dal magico mondo della moda. Secche, accattivanti, in qualche modo spietate, le parole di Natalia non hanno portato comunque ai fatti. Nel senso che le istituzioni americane non prevedono per ora di seguire l'esempio di Spagna e Italia e di porre regole sulla massa corporea. Soltanto sull'età non si transige: basta modelle sotto i 16 anni e non sembra certo una decisione rivoluzionaria. Per ora la moda a stelle e strisce si accontenta di aver affrontato il problema, di aver lanciato l'allarme, di aver già respinto al mittente alcune modelle dell'Est chiaramente denutrite. Anche se sul punto c'è polemica fra agenzie e stilisti che si accusano reciprocamente di volere ragazze sempre più somiglianti a sacchettini d'ossa. Chi è il vero cattivo del sistema? Mah. Di certo i criteri sono cambiati. Ivan Bart, direttore creativo della «Img Models» ha detto al New York Times che nel tempo la taglia media di una modella ha subito l'effetto- gambero. «Nel 1986 — spiega — eravamo tra la misura 6 e la 4. Poi si è passati alla 4 secca. Quindi dalla 4 alla 2 e ora siamo alla 0».
Non basta aggiungere come fa Diane von Furstenberg, presidente della Camera americana della moda che il concetto di taglia è cambiato («una 12 negli anni '70 equivale a una 6 oggi»), che anche ballerine e fantini seguono diete ferree, che una modella magrissima — ricorda un dietologo — può essere più sana di una con massa corporea in perfetto ordine. O come provoca Nian Fish, un decano del fashion newyorkese, che «obbligare gli stilisti a lavorare con modelle in carne sarebbe stato come dare modelle scheletriche al grande Rubens». La questione ormai è posta anche qui.
La testimonianza di Natalia ha l'effetto di un botto. «Questo è un ambiente — racconta — che sa fare pressione e condiziona i comportamenti. Ho cominciato a sfilare quattro anni fa e ci ho messo poco a capirlo. Sei portata a considerare il tuo corpo in un certo modo. È l'unica condizione per andare avanti». Poi Natalia racconta anche le difficoltà avute quando recentemente, e già affermata, è diventata mamma: l'aumento di peso, nel suo caso 4-5 chili, gli sforzi per eliminarlo («molti stilisti non apprezzavano»), l'altalena sulla bilancia, una grande stanchezza.
«Sono fortunata perché per me è un gran momento, ricevo un sacco di offerte e ho potuto fregarmene delle critiche. Ma vedo un sacco di ragazze all'inizio della carriera che vengono da famiglie povere e sono disposte a tutto pur di tenere vivo il sogno di fare la modella il più a lungo possibile: loro sì corrono gravi rischi».
Natalia sa di che cosa parla, al punto da ironizzare sulla sua costante difficoltà con il cibo: da ragazzina per il magro bilancio familiare, oggi per il magrissimo look impostogli dal magico mondo della moda. Secche, accattivanti, in qualche modo spietate, le parole di Natalia non hanno portato comunque ai fatti. Nel senso che le istituzioni americane non prevedono per ora di seguire l'esempio di Spagna e Italia e di porre regole sulla massa corporea. Soltanto sull'età non si transige: basta modelle sotto i 16 anni e non sembra certo una decisione rivoluzionaria. Per ora la moda a stelle e strisce si accontenta di aver affrontato il problema, di aver lanciato l'allarme, di aver già respinto al mittente alcune modelle dell'Est chiaramente denutrite. Anche se sul punto c'è polemica fra agenzie e stilisti che si accusano reciprocamente di volere ragazze sempre più somiglianti a sacchettini d'ossa. Chi è il vero cattivo del sistema? Mah. Di certo i criteri sono cambiati. Ivan Bart, direttore creativo della «Img Models» ha detto al New York Times che nel tempo la taglia media di una modella ha subito l'effetto- gambero. «Nel 1986 — spiega — eravamo tra la misura 6 e la 4. Poi si è passati alla 4 secca. Quindi dalla 4 alla 2 e ora siamo alla 0».
Non basta aggiungere come fa Diane von Furstenberg, presidente della Camera americana della moda che il concetto di taglia è cambiato («una 12 negli anni '70 equivale a una 6 oggi»), che anche ballerine e fantini seguono diete ferree, che una modella magrissima — ricorda un dietologo — può essere più sana di una con massa corporea in perfetto ordine. O come provoca Nian Fish, un decano del fashion newyorkese, che «obbligare gli stilisti a lavorare con modelle in carne sarebbe stato come dare modelle scheletriche al grande Rubens». La questione ormai è posta anche qui.
Gian Luigi Paracchini
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